DIRITTO ALLA SALUTE ALIMENTARE

Le farine di insetti hanno effetti sulla salute dell'uomo? (parte scientifica) II parte

Eva Intagliata[1]

Nell’ottica della teoria malthusiana della sovrappopolazione mondiale e della emergenza climatica, in vista di una presunta carenza alimentare e dell’aumento di anidride carbonica ambientale, vediamo affacciare sulle nostre tavole un nuovo tipo di alimento, chiamato “novel food” o “iperproteico”, cioè l’insetto e il verme, proposti quale uno dei migliori alimenti in termini di apporto proteico, minerale e di antiossidanti[2]. Essendo disponibile nell’ambiente in grande quantità, si pensa che possa supplire al presunto aumento di richiesta alimentare da parte di una popolazione mondiale in crescita[3]. Detto ciò, è obbligo fare una riflessione sul perché i Paesi poveri che da secoli si nutrono di insetti e di vermi, soffrano ancora la fame e la denutrizione.

Inoltre, si ritiene che l’introduzione nella nostra catena alimentare di questi animali abbassi le emissioni di anidride carbonica e il consumo di acqua[4].

Nel rispetto dell’ambiente, si deve anche considerare il fatto che per produrre un alimento, essendo gli insetti ed i vermi di piccole dimensioni, occorre ucciderne in grande quantità. Questo potrebbe influire negativamente sull’ecosistema, in quanto ogni animale ha il suo compito nel mantenere l’equilibrio ecologico e la sua carenza può portare a danni biologici e naturali[5]. Ultimamente, infatti, si è sensibilizzata la coscienza pubblica sul problema che l’eventuale carenza delle api, uno degli insetti impollinatori, potrebbe avere sulla disponibilità alimentare. Inoltre, i recenti risultati delle scienze neurofisiologiche, neuroanatomiche e comportamentali sugli insetti e sugli invertebrati richiedono cautela nel negare la coscienza e quindi la probabilità della presenza di dolore e sofferenza agli insetti[6].

Questo apre un dibattito di grande importanza sulla sicurezza di introdurre nell’alimentazione questi animali che sono stati sempre classificati come portatori di tossinfezioni, e alla cui ingestione l’organismo della popolazione Occidentale non è abituato.

Il problema verte essenzialmente su tre punti: stabilire se gli insetti contengano sostanze tossiche o che diventano tossiche dopo trattamento termico, se contengono patogeni per l’uomo che possano essere sicuramente neutralizzati prima del consumo, e se sono tollerati dal sistema immunitario della popolazione che non è abituata ad ingerirli. Per alcuni pericoli, viene evidenziata la necessità di ulteriori prove.

Ad oggi, l'Europa ha autorizzato il consumo di solo tre tipi di insetti: le tarme della farina, le locuste migratorie e i grilli domestici.

Allo scopo di stabilire la sicurezza di questo nuovo tipo di alimento, l’attenzione è innanzitutto caduta sulla sostanza che è forse più rappresentata negli insetti, cioè la chitina, molecola che costituisce il guscio (l’esoscheletro) degli insetti.

La chitina, dal punto di vista chimico è un polisaccaride costituito da più unità di N-acetilglucosammina legate tra di loro con lo stesso legame con cui sono collegate le unità di glucosio che formano la cellulosa. Pertanto, la chitina può essere considerata al pari di una cellulosa vegetale, nella quale al gruppo ossidrilico su ogni monomero sia stato sostituito un gruppo di acetilammina. Pertanto, per quanto riguarda la digeribilità della chitina, essa risulta molto probabilmente scarsamente digeribile, in quanto l’essere umano è sprovvisto degli enzimi che scindono la cellulosa per digerirla. Probabilmente il problema della digeribilità non verrebbe superato trasformando l’insetto o il verme in farina.

Occorre precisare che la chitina è composta da una maglia di N-acetilglucosammina, una sostanza presente anche all’interno della cellula umana, quale precursore di proteine glicosilate e lipidi, di cui ne regola la produzione con meccanismi non ancora precisati. Un supplemento alimentare di tale trasmettitore cellulare potrebbe avere conseguenze sull’omeostasi cellulare. Essendo i dati legati alla alimentazione con insetti e vermi scarsamente disponibili, si auspica che studi specifici su ampia popolazione siano sviluppati [7].

Esistono però problematiche allorquando gli insetti debbano essere introdotti nella catena alimentare.

Gli insetti potrebbero contenere alcuni antinutrienti, cioè composti che si formano con processi di degradazione, conservazione, cottura ecc. che impediscono o rendono più difficile l'assorbimento dei nutrimenti. Tra questi, il principale è la chitina, che ha un effetto negativo sulla digeribilità e l'impiego delle proteine. Altri esempi di sostanze antinutrienti sono i fitati e gli ossalati, che riducono l'assorbimento di minerali come il calcio, lo zinco, il manganese, il ferro e il magnesio. Per cui anche se gli insetti ed i vermi vengano elogiati come alimento ricco di questi elementi, dubbi sorgono sul loro effettivo assorbimento e sulla biodisponibilità.

Molti Autori in Letteratura riportano che gli insetti possano essere contaminati da sostanze tossiche presenti sia in natura sia come conseguenza del loro allevamento e trattamento a fine alimentare[8]. Non tutte le sostanze tossiche o cancerogene si volatilizzano con la cottura, specie se diventano solide. Alcune tossine potrebbero divenire molto più biodisponibili a seguito dell'allentamento dei legami che avvengono col calore.

Micotossine e aflatossine possono contaminare i cibi prodotti dalla elaborazione di insetti e vermi durante la conservazione, tossine che vengono eliminate mediante ricorso a sostanze nocive per l’uomo, quali i solventi[9], la cui presenza nel prodotto finale non è stata discussa. 

Tra le sostanze contaminanti che si trovano frequentemente negli insetti vi sono alcuni metalli pesanti (come piombo, appunto, rame e cadmio) e pesticidi[10].

Casi di patologie correlate alle tossine presenti negli insetti e nei vermi destinati all’alimentazione, sono stati riportati in Letteratura.

Un'attività abbastanza elevata di una tiaminasi relativamente resistente al calore è stata rilevata nelle pupe di un baco da seta africano Anaphe spp., che fu la presunta causa di un'atassia stagionale e di un'alterazione della coscienza nei nigeriani[11].

Nel 2007, ad esempio, diversi bambini e donne incinte della comunità di Monterrey (California) si intossicarono mangiando cavallette importate dal Messico che presentavano alti livelli di piombo.

Gli insetti possono essere contaminati da alcuni batteri come la salmonella, l'Escherichia coli o il Campylobacter, o da parassiti come nel caso di mosche e scarafaggi, nei quali sono stati ritrovati diversi tipi di protozoi e elminti in varie fasi di sviluppo[12] .

La soluzione in questi casi consisterebbe nella cottura, perché le alte temperature eliminano o riducono la presenza di microorganismi patogeni. Qui sorge un problema non indifferente. Essendo gli insetti molto piccoli, la cottura alla quale verrebbero sottoposti, che deve essere breve per non bruciarli, sarebbe sufficiente per uccidere i patogeni che essi contengono?

Nyangena et al. ha sottolineato il fatto che la sola essiccazione in forno ha leggermente abbassato le popolazioni batteriche, nonché i lieviti e le muffe, in 4 tipi di insetti[13]. Grabowski et al. sostiene che, nonostante le tecniche moderne (es. liofilizzazione) aggiunte ai metodi tradizionali (sgusciatura, bollitura, essiccazione al sole o tostatura), i microrganismi presenti nei vermi e negli insetti vengono inattivati anziché uccisi e, una volta reidratati, molti tornano agli stadi vegetativi. La conta batterica rimane quindi alta[14].

Casi di eritremiasi, una parassitosi causata dall'ingestione di insetti crudi o poco cotti (cavallette e grilli) che ospitano le metacercarie, sono stati registrati in Brasile e riportati in Letteratura[15].

Congelare gli insetti per eliminare il rischio contaminazione, non è una soluzione sicura, perché il freddo dei comuni congelatori ha solitamente un effetto inibente la moltiplicazione del parassita, che rimarrebbe pertanto vitale ma quiescente all’interno dell’insetto, pronto a replicarsi e ad acquisire la virulenza non appena le condizioni ambientali diventano ideali.

Un altro rischio è quello relativo alle allergie, un tema ancora poco studiato: la sintomatologia associata al consumo di insetti è varia, e va dal semplice prurito allo shock anafilattico[16].

Purtroppo, non disponiamo di molti dati provenienti da popolazioni che per fame o per tradizione, fanno degli insetti la loro alimentazione quotidiana pluriennale[17]. La popolazione del Terzo Mondo è la meno studiata dal punto di vista della salute visto che non dispongono né di monitoraggio attivo, né della giusta attenzione da parte del Mondo Occidentale.

Probabilmente si sorvolerà su queste problematiche, in vista della previsione che il mercato globale degli insetti commestibili raggiungerà gli 8 miliardi di dollari entro il 2030[18].

 


[1] Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Generale Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale

[2] D’Antonio et al., 2021; Nino et al., 2021; Zielinska et al., 2021; Mancini et al., 2019; Musindire et al., 2016

[3] Doi et al., 2021; Liceaga et al., 2022; Djouadi et al., 2022; Kooh et al., 2020; Poma et al., 2017

[4] Raheem et al., 2019; Toti et al., 2020; Berger et al., 2018; Park et al., 2019

[5] Raheem et al., 2019, 5 Pali-Scholl et al., 2019

[6] Raheem et al., 2019, 5 Pali-Scholl et al., 2019

[7] Bessa et al., 2020; Raheem et al., 2019; Testa et al., 2017; Greenhalgh et al., 2019; EFSA, 2018

[8] Rumpold et al., 2013; Poma et al., 2017; EFSA, 2021; Marzoli et al., 2022; Poma et al., 2021

[9] Pradanas-Gonzales et al., 2021; Musundire et al., 2016

[10] Poma et al., 2017

[11] Nishimune et al., 2000

[12] Hernandez-Flores et al., 2015

[13] Nyangena et al., 2020

[14] Grabowski et al., 2017

[15] Pinto et al., 2016

 

[16] Chomchai et al., 2020, Chomchai et al., 2014, Francis et al., 2019; Ribeiro et al., 2018; Rumpold et al., 2013; Ndlovu et al., 2022; EFSA, 2022, Marzoli et al., 2022

[17] van Itterbeeck et al., 2019; Marzoli et al., 2022

[18] Liceaga et al., 2022